mercoledì 27 maggio 2015

Progetto Omaggio. Plaquette "Come se/non avesse senso" a cura di Luciana Gravina

Per il Progetto Omaggio l'editore Carmen Petrocelli di Altredizioni ha editato una plaquette intitolata "Come se/non avesse senso", in cui sono riportati gli interventi dei proff. Francesco Muzzioli, Giorgio Patrizi e Sirana Sgavicchia, e i testi dei poeti che hanno partecipato alle due manifestazioni del 21 marzo e del 25 maggio.
La plaquette, elegantemente confezionata con sovracoperta in carta pargamenata, è stata curata da me.
Si può richiedere alla casa editrice (commerciale@hotmail.com)

Vi posto la
Nota della curatrice
come se /non avesse senso pensare / che s’appassisce il mare,  così la chiusa della Ballata di Rudi e il suo contrario nell’ultimo verso del IX capitolo (A tratta si tirano) E invece ha senso pensare che si appassisca il mare, in questa apparente contraddizione si declina una delle tante lezioni del poetaintellettualeuomo  Elio Pagliarani.
Due pensieri che sembrerebbero soltanto il frutto di una diversa selezione sintagmatica ad affermare un unico assunto, se non sapessimo che la diversità si scheggia dalla dialettica devastante e antionirica di un approccio alla conoscenza e alla storia che non risparmia niente e nessuno.
Certo, fingiamo che non ha senso pensare alla dissoluzione del mare (Tambièn se muere il mar, ne è convinto invece Garcia Lorca che lo afferma nel verso finale del LLanto por Ignacio), ma qui non si tratta di affermare la dissoluzione, metafora della morte, in quanto certa e in quanto tale.
Pagliarani propone il come pensarla questa morte, il porsi esistenziale al “quanto di morte noi circonda” e all’essere irrimediabilmente vivo.  Per questo “ha senso pensare…..”
Ho voluto, per titolare questa plaquette, cogliere questa lezione, per infonderla in questo “luogo della scrittura” dove tutti insieme restiamo a testimoniare l’attesa permanente della condizione poetica e perché tutti insieme è più facile lasciarci abitare dall’azzardo della Sua poesia.
                                                                              Luciana Gravina
Autori
Cetta Petrollo  Silvana Baroni  Tomaso Binga   Marco Caporali Nadia Cavalera  Luigi Celi  Vilma Costantini  Luciana Gravina  Carlo Lei  Carlo Livia  Mario Lunetta  Fabio Orecchini  Tommaso Ottonieri  Francesco Muzzioli  Marco Paladini  Elio Pecora  Plinio Perilli  Giulia Perroni  Lidia Riviello  Alberto Toni  Daniele Ventre

Progetto Omaggio 2015. Dedicato a Elio Pagliarani

Sono curatrice del Progetto Omaggio per conto di Altredizioni, Casa Editrice di Carmen Petrocelli.
L'omaggio è dedicato ogni anno a un poeta diverso e si svolge in due manifestazioni di poesia in cui poeti o cultori del poeta di cui si celebra l'omaggio leggono testi dalla produzione del poeta stesso e testi propri scritti in interazione con il tipo di poesia celebrata.
Dal 2012  in poi sono stati ricordati Saffo, Francesco Petrarca, Ludovico Ariosto e Elio Pagliarani
Il Progetto è stato ideato per l'occasione della Giornata Mondiale della Poesia e quest'anno vanta il patrocinio di Roma Capitale, Assessorato Cultura  e Turismo, e di Aleph, Associazione culturale, presso la cui sede si sono svolte le manifestazioni.
Nella prima manifestazione del 21 marzo per Elio Pagliarani si sono tenute le relazioni dei proff. Giorgio Patrizi e Siriana Sgavicchia, e le lettura dei poeti Silvana Baroni, Marco Caporali, Luigi Celi, Vilma Costantini, Luciana Gravina, Mario Lunetta, Tommaso Ottonieri, Marco Palladini, Lidia Riviello, Daniele Ventre. Fondamentale è stata la partecipazione l'intervento di Cetta Petrollo, vedova del poeta Pagliarani e poeta anche lei.
Nella seconda manifestazione svoltasi il 25 maggio, giorno onomastico del poeta, la relazione introduttiva è stata tenuta dal prof. Francesco Muzzioli. Sono seguite le letture dei poeti Carlo Lei, Elio Pecora, Alberto Toni e Paolo Carlucci. A seguire Riccardo Caporossi e Vincenzo Preziosa hanno rappresentato un lettura scenica relativa a Elio Pagliarani. Anche in questa seconda manifestazione la presenza e l'intervento di Cetta Petrollo sono stati preziosi.

BISEGNI di Luciana Gravina e Silvana Baroni, Altredizioni, parution marzo 2015

Salve,
lo so che è molto che non mi affaccio a queste pagine, in fondo lo faccio quando ho qualcosa di interessante da proporre (almeno a mio parere).
Oggi ho la novità di questo libro speciale, fatto a quattro mani con Silvana Baroni e si tratta di 32 racconti brevissimi a mia firma, illustrati da Silvana Baroni. La caratteristica è che ogni pagina contiene il testo e l'illustazione che, pur mantenendo ciascun il proprio spazio e la propria identità segnica, comunque interagiscono lanciando all'unisono un messaggio unitario ma complesso.
la caratteristica editoriale di questo libro che inaugura la collana "Due ma non Due", consiste nell'offrire come valore aggiunto una tavola autonoma in pvc inserita nella terza di copertina che si può anche incorniciare. Che non è poco per un prodotto che costa solo 18 euro.
Il libro è prefato da paolo Guzzi ed è stato presentato alla Sala Crociera, della Biblioteca di Archeologia all'interno del MIBAC, il 22 aprile e al Lavatoio Contumaciale, diretto da Bianca Menna, il giorno 8 maggio.
ha avuto come relatori Robertomaria Siena, Mariateresa Ciammaruconi e Carlo Livia.
Per comprarlo si può scrivere  alla casa editrice (commercialealtredizioni@hotmail.com)

lunedì 5 gennaio 2015

Prefazione al romanzo Le tavole delle leggenda di Paolo Borzi, Altredizioni dicembre 2014

Salve,
vi posto la prefazione che ho fatto per Le Tavole della Leggenda, romanzo di Paolo Borzi edito da Altredizioni. L'abbiamo presentato il 16 dicembre presso Aleph, a Trastevere.
Si tratta di un'opera innovativa e trasgressiva non soltanto rispetto alla logica di genere, ma anche e forse soprattutto rispetto all'espressione linguistica.

Ecco

Le Tavole della Leggenda di Paolo Borzi.
I sogni e le ragioni di una scrittura libertaria    di Luciana Gravina
La disciplina creativa da cui questa opera discende, formatta un testo generatore per eccellenza di un vortice di eventi narrativi di straordinaria complessità.
E di innovazione.
Della funzione performativa della scrittura le Tavole della Leggenda sono un esemplare rappresentativo, in virtù di un impasto linguistico che magicamente mette in forma e “realizza” eventi cose personaggi persone storie in un contesto improbabile, ma persuasivo, attivando un’attitudine di barthesiana seduzione che dà illusione di assoluta storicità, essendo l’oggetto del narrare incardinato in una materia (la Materia di Britannia, appunto) antica quanto l’Europa stessa e più volte rifondata in secoli di letteratura.
Si sa che un’opera, qualunque essa sia, si può definire riuscita quando risulta essere ciò che voleva essere.
Ora, che cosa volesse essere questa fatica di Paolo Borzi, è dichiarato dallo stesso autore, sia nella premessa che nel corpus dell’opera stessa.
Innanzitutto“Romanzo fuori genere, anzi di molti generi”, riconoscendosi nella ascendenza NIE e addirittura consigliando una integrazione, e meno male, perché in qualche modo si scrolla dei molti limiti del gruppo in questione e in questo aiutato anche dal riferimento ad altro ascendente quale Pasolini.
Ma non è questo il de cuius.
Penso a quando, emancipato da imposizioni autorevoli, lui, poeta della storia prestato, almeno così mi è parso che egli si senta, alla narrativa e smontati i limiti di genere (non a caso nel romanzo sono infilate abilmente lunghe teorie di versi) sostiene che “il poema (e al termine poema mi sento di accostare anche questo romanzo che da un poema deriva) è un ingorgo di deformazioni organizzate, lo smontaggio del tempo cronologico in vista del paradigma olografico” dove le incursioni del presente e del futuro (non foss’altro per l’utopia) nel passato rendono percepibile la valanga delle frequenze energetiche per cui la sola scrittura ha abilità di fornire percezione di immagini, suoni, odori e quante altre mai sensazioni passino sinesteticamente attraverso occhi, orecchie, naso e pelle.
Bohm e Pribram e Aspect. Li dovremmo ringraziare per avere disarcionato le nostre cavalcanti certezze e averci gettati allo sbaraglio nella stratosfera delle illusioni, chè la nostra vita sarebbe del tutto apparenza. Nella quale comunque continuiamo a sognare e a costruire una realtà fittizia ma positiva, (e non c’è humus più fertile per gli scrittori e per gli artisti in genere) sapendo che non approderemo mai alla realtà vera, che esiste, ma non è percepibile da noi.
Miracoli della fisica quantistica.
E in questa realtà illusoria sembrerebbe che le Tavole ci sguazzino molto bene.
Miracoli di una scrittura chiaroveggente e scanzonata, classica e innovativa, saggia e irriverente, ironica, irruenta, ma soprattutto slimitata e libertaria.
E cos’altro voleva ancora essere l’opera delle Tavole? Lo vediamo a pag. 200, a proposito dell’uso che Merlino fa del male e del bene e di come questo si legge nella Stele.
“Forse vuole dirci che non prese allinizio la strada giusta, perché fece maturare assieme costruzione e dissoluzione; e parla ancora a noi cantastorie; che
scriviamo e riscriviamo di ciclo bretone e di utopie non solo per amor di perpetua variazione a un Tema che si presta; ma anche per la sua speciale sovrapponibilità ai casi storici, psicologici, politici e ideologici di tutti i tempi successivi; e allora speriamo sempre che il nostro personale edificio suggerisca vie narrative e filosofiche che siano alternative e nello stesso tempo connaturate al “gene” originario, senza mai finire di riesumarlo e porlo in una della tante prospettive possibili, sperando di contribuire alla sua chiarificazione e volendo sempre sottolinearne ed esaltarne la fertilità.”
E allora questa storia, quella raccontata dalla Stele, che è ad un tempo bene e male, costruzione e dissoluzione, che ancora intriga i cantastorie perché scrivano e riscrivano, e li ispira senza soluzione di continuità, è metastoria che, dal disopra dei fatti, interroga le vie narrative e filosofiche per carpire e capire le ragioni della coesistenza dei contrari e del suo mistero e per continuare a nutrire imperterrita infinite “prospettive possibili”.
L’autore indica in questo aspetto della Materia di Britannia la natura ispirativa, come una sorgente incolpevole degli scenari immaginifici assolutamente border line sui quali si attesta la sua fantasia.
In virtù di questa premessa, cioè dell’audacia che discende dalla potenza della provocazione, e non tanto, forse, per l’occhio obliquo della NIE, si legittima l’emancipazione dai vincoli di genere. E chissà cosa ne direbbe Bacthin  di un romanzo che ha smontato le strutture retoriche dell’epica, ma che non rinunzia ad essere epico, e che è, ad un tempo, narrazione di invenzione, trattato di storia e/o di filosofia, che non resta congelato nel passato, ma si propone addirittura come ologramma con i suoi infiniti pattern interagenti, e che non è narrazione della distanza, ma contiene tutto l’autore con la sua cultura complessa e le sue passioni, e non soltanto quelle intellettuali, se è capace di immaginare Lancillotto, il Cavaliere Bianco, speculare e, ad un tempo, contestuale del Cavaliere Nero, con tutto ciò che ne consegue, istanze esoteriche comprese.
Forse il di cui sopra Bacthin approverebbe, perché vale l’audacia dell’ andare controcorrente,  perché lo smontaggio delle strutture consolidate e note comporta il rischio, ma anche la possibilità di un avanzamento dei processi della conoscenza, perché è dentro questi contrasti che si costruisce la storia. Perché vale l’impianto emozionale della distanza dalla passione e della passione ad un tempo, di ironia e di canto, anche lirico, se appena è possibile, che non vi abitano in contrasto ma coesistono nella consapevolezza delle contraddizioni dell’animo umano.
Che le Tavole della Leggenda siano un’opera che è riuscita ad essere ciò che voleva essere non metterei a dubbio, perché muove il mentale, fomenta il pensiero, fa riflettere sull’attualità dell’ipotesi e sulla necessità dell’Utopia.