Questo libro che ho presentato il primo settembre alla fiera del libro di Spoleto
propone un tema inquietante: quello del mistero dell'uomo dopo la morte.
Mi ha intrigato molto e vi posto la relazione che ho tenuto in quella sede.
Roseward, Fantasmi e paure, Il giro di vite
oltre Britten e James,
Altredizioni, 2012
Il primo titolo della collana Telos
Eisioteo di Altredizioni
enuncia di per sé la complessità dell’argomento in quanto attinente a
due condizioni umane primordiali e problematiche quali la paura e
l’inquietudine del post mortem.
Questi Temi vengono esplorati in un’opera
proposta da due autori quanto mai problematici in generi diversi, James,
narratore e Britten, musicista, ma
che hanno ispirato anche molti cineasti come Jack Clyton, Peter Weigl, Ben
Bolt, Katie Mitchel, Tim Fywell e
alludo ai film direttamente riferiti all’opera in questione, glissando su
quelli che ne hanno tratto soltanto ispirazione.
Nella Prefazione il curatore, Edoardo
Ciampi, espone subito una
dichiarazione di metodo; enuncia cioè la prospettiva entro la quale intende
analizzare l’opera che è quella esoterica, chiosando in primis (pag. 7) il
termine “esoterico” in quanto “ciò che è interno (come principio di ciò che è
esterno e complementare), mentre il senso anagogico fa riferimento ad un intimo
significato spirituale, “ciò che viene elevato”).
L’approccio anagogico chiarisce ed è in linea
col “telos”, la finalità della collana editoriale che è un invito
all’accostamento al Mistero inteso nella sua pura etimologia che è “mysterion”
in cui la radice “mu” indica la bocca chiusa, il tacere, il silenzio, a
protezione di ciò che è indicibile, ma intellegibile.
Emerge subito che la maggior fonte di
riferimento dell’autore è René Guènon, il filosofo contemporaneo che ha
dedicato molti suoi studi alle Tradizioni e d’altronde l’autore stesso ha
all’attivo una pubblicazione su Gli
esegeti della Tradizione, pubblicato con Terre sommerse.
Dunque la cifra interpretativa è decisamente
lontana dalle esegesi che la critica contemporanea chiude nel cerchio limitato
della sfera mentale, psichica e
razionale, ignorando l’unità spirituale che è al fondo di un’opera d’arte e che
si serve del linguaggio estetico per veicolare il senso profondo del Mistero.
Nell’Introduzione
l’autore enuncia le altre finalità della ricerca in atto. Così emerge a pag.
29: “Lo studio comparato di un’opera lirica e la sua fonte letteraria, ha il
fine di portare alla luce quegli arricchimenti, o le eventuali entropie (che il
processo di traduzione di un testo
narrativo in quello drammaturgico necessariamente comporta) che altrimenti
rimarrebbero probabilmente nascosti al fruitore. Scegliere poi un testo
complesso ed enigmatico come Il giro di vite, comporta di per sé un
particolare rischio: quello di un’analisi critica moderna, che nella sua
ricerca spasmodica di svelare ‘tutto’, possa addirittura finire per sfinire il
tutto.
Obiettivo chiaro e consapevole che denota
innanzitutto una considerevole igiene mentale, degna della migliore Accademia
in virtù della quale Ciampi affronta tutto il corpus del trattato passando
attraverso le fasi di rito, tra le quali l’analisi dell’opera letteraria e del
suo autore, Henry James, e quella di un Britten drammaturgo fortemente coeso
con la dimensione di operista.
Ciò avviene attraverso un percorso comparato
non solo del processo di genesi delle due opere, ma anche dei numerosi
interventi critici stabilizzati soprattutto sul dualismo intimistico e
psicanalitico.
A questo dualismo il Nostro oppone metodo e
modus che è quello di un intellettuale che si muove dentro la filosofia delle
Tradizioni iniziatiche, privilegiando l’ Ermetismo e proponendo una ricerca nella Via dello Spirito.
Si tratta sicuramente di un testo complesso
che, per il suo formato, cosiddetto “tascabile”, tende a cogliere un lettore
inopinantem, cioè che non se l’aspetta, ma che poi resta coinvolto, sedotto nel
senso “barthesiano, dalla lettura.
E’ inoltre un testo pregevole per la
ricchezza della chiosature, che propone un tale complesso di note da potere
esplicare una vera e propria funzione di indottrinamento.
L’attribuzione formale a Roseward fa riferimento al “ristretto
gruppo di persone dedite a studi di arte tradizionale e metafisica”, ma ritengo
(e auspico) che per il suo valore illuminante questo lavoro possa raggiungere
un pubblico ben più ampio.
Luciana Gravina
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