mercoledì 13 aprile 2011

Letti per voi. "Il tempo e le parole" di Maria Racioppi

Maria Racioppi, Il tempo e le parole

Note di Luciana Gravina

Con questa nuova silloge Maria Racioppi segna un’altra interessante tappa del suo percorso poetico attraverso l’elaborazione di un approdo filosofico che in nuce preesiste nella precedente produzione ma che qui trova esplicitazione e chiarificazione nutrendosi della creatività immaginifica di visioni poetiche di rara contemplazione estetica.

Se è vero, come è vero, che il titolo è cifra di decodificazione dell’opera, qui il percorso poetico è indicato con la chiarezza che soltanto la poesia matura e sicura di sè può possedere, in quanto purificata dagli orpelli e portatrice di una verità che si fregia della parola poetica per esigenza di trasparenza.

Il concetto di Tempo ha sedutto sempre pensatori, filosofi, poeti, oltre che gli scienziati.

Per i Greci O’Kronos, Crono, Saturno per i Romani, e per noi il Tempo, quello con la T maiuscola, è l'archetipo di una condizione maschile primordiale, contenente in sé anche il femminile, di cui evidenzia gli aspetti negativi.
 Crono è un padre che ama i suoi figli di un amore ossessivo e disperato, al punto che li divora. Non dà ai figli la possibilità di crescere, ma li assume dentro di sé, e li stritola.

Da questo archetipo discendono le altre concezioni del Tempo che, nella sua millenaria produzione di senso, l’umanità ha elaborato attraverso i suoi pensatori.

Maria Racioppi, in questa silloge affronta il problema prendendone, come dicono i Francesi, le devant, cioé direttamente, proponendolo non soltanto in titolo, ma dedicando al concetto di Tempo alcune prestigiose liriche quali Onnipotente il Tempo, Il Tempo e le parole, Si sfalda il Tempo, Eterno il Tempo, Eterno il Tempo?, Tiranno il Tempo. In esse avviene una dichiarazione di statuto filosofico dal quale possono dipartirsi le fila di tutta la Welthanshauung racioppiana.

Qui si pone in chiarezza e in condizione sistemica il pensiero/Tempo che, è vero, risente di precedenti elaborazioni, ma è condizione innanzitutto vissuta nella coscienza.

Dunque il Tempo è onnipotente (Onnipotente il Tempo di se stesso / figlio e di voragine di secoli / che travalicano ogni memoria / da parte degli umani destinati / sin dalla nascita ad essere terra.)

Vi appare subito un’umanità oppressa da un destino di inanità. L’uomo si affanna a studiare, a costruire, a progettare i segni della sua evoluzione, che comunque è destinata a perire divorata dal Tempo (e onnipotente su tutto / il Tempo divoratore). Nel processo di ampliamento dell’io soggettivo a quello collettivo, sociale, storico, Maria Racioppi non lascia spiragli: questa è la realtà esperita non solo attraverso gli studi, ma innanzitutto, come già detto, nella sua coscienza.

E’ vero: è facile individuare un Foscolo dei Sepolcri (e le rovine / della terra e del ciel traveste il Tempo) e si potrebbero anche individuare altri esempi. E’ facile ed anche piacevole la suggestione culturale in una poetessa che ha una cultura smisurata. Ma non è così che funziona l’elaborazione di pensiero in una personalità autonoma, e soprattutto complessa, come quella di Maria Racioppi.

Notiamo infatti, in questa stessa lirica, il lessema “memoria”, che connessa a Tempo, ci riconduce direttamente a Bergson il quale affida alla memoria il compito di estrapolare dentro la coscienza dell’uomo il passato e ricongiungerlo al presente e quindi costituire l’elemento di continuità sul quale il tempo procede. Con questo non voglio dire che la poetessa abbia mutuato alcunché da Bergson, questo, di fatto non lo so. Voglio dire soltanto che essendo Bergson più vicino alla nostra epoca (è morto nel 1941) è facile che le due sensibilità si sfiorino e si appartengano nella contemporaneità.

Tuttavia il Tempo, pur così prepotente, è fragile (si veda Si sfalda il Tempo), si frantuma nei singoli destini degli uomini che si illudono di nascere uguali per natura.

Menzogna fra le infinite menzone, sostiene la poetessa: gli uomini sono uguali soltanto di fronte alla morte. Perciò ciascuno consuma il suo tempo individuale con modalità diverse negli alti e bassi della sua vicenda individuale.

Continua in questa sezione le definizione del Tempo archetipico e astratto: il Tempo è eterno e travolge con le catastrofi naturali la terra: e inutili sono i perché che l’uomo si pone su questi apparenti assurdi.

Ma l’eternità del Tempo determina anche dubbi: Mi chiedo se il tempo giace stanco / o siamo noi stanchi di inseguirlo / senza prendere respiro, / ma pure nell’inconscio del sogno /si rallentano i muscoli ipertesi / e si acquieta d’improvviso il cuore, /combattuto tra la vita e la morte, / fra sensazioni e disperato nulla.

Conclusionio lucide, razionali che sembrerebbero non concedere nulla al sogno e alla speranza.

In realtà l’uomo, davanti al malessere e all’ipotesi del nulla si è attrezzato con un arma che dura nei secoli e che possiede il tempo in quanto lo “dice”. Le parole, la voce poetica, nella loro funzione di formatività della storia, possono addirittura essere protette dal Tempo: E il Tempo tutte le raccoglie / le parole corrucciate e cortesi / con la benevolenza di una madre / che sempre spera e a volte non cancella.

Già in Europa Europa la voce/parola poetica si evidenzia per il sua determinatezza strutturale in quanto topos (voce-parola-poesia) presente soprattutto nella seconda sezione del libro, intitolata appunto, La tua voce, dove si elabora una poetica, un concetto inequivocabile di poesia.

In questo ultimo testo la parola poetica si pone come urgenza e quasi sofferenza (E fra tutte la più pressante / è la parola poetica / che ti insegue, non ti dà scampo /perché uscita dalla tua carne / come un figlio dall’utero fecondo), assimilando la sua produzione al parto ed evocando la maternità che è presente nel femminino racioppiano in maniera forte e spesso dirompente.

La parola - poesia è il topos magico che accerchia il tempo e lo performa dentro la memoria e dentro la coscienza, ristrutturando l’io poetico spaventato, e rendendolo creativo di situazioni oniriche e visioni immaginifiche. Accade quando la lucida razionalità cede al ricordo come in Cherry Blossom (Dove più assoluta armonia / di quella esplosiva fioritura / che si specchiava con la freschezza / di una sposa nell’abito nuziale?) Dentro il ricordo si fa strada spesso l’immagine della giovane madre (Ma allora… nel parco gli scoiattoli / dall’albero scendevano al richiamo / di mio figli che sgambettava appena, / mentre attorno al laghetto maturava / il miracolo del Cherry Blossom.)

Accade quando il tempo si cristallizza nella meditazione sulla Sacralità dell’ora, in un testo di trasparenti visioni e di ritmi classici che evidenziano quanta dimestichezza la poetessa abbia con la poesia e quanto sia profonda conoscitrice dei suoi percorsi formali.

E così nei testi a seguire dove la poetessa riproduce le percezioni del suo complesso ed emozionato io profondo davanti ai luoghi e agli spettacoli della natura. Si tratta di un io che pur nella sua lucida condizione razionale è capce di emozionarsi e di vibrare davati a un tramonto, alle acque quiete del lago di Trevignano, al volo dei gabbiani, dove al sogno corriponde un altro sogno di un altro tempo e una visione ad un’altra, in un gioco caleidoscopico di rimandi e di specularità gestito con la grazie della donna e con la sapienza del poeta che sa quello che fa.

A mio avviso in questa ultima raccolta di Maria Racioppi sembrerebbe che al di là di una premessa di lucido, laico pessimismo sul nulla eterno a cui il Tempo tiranno e divoratore conduce, ci sia il recupero di io sognante, assolutamente giovane, inattaccabile proprio dal tempo, di un io capace di passione, di amore e di emozione.

Mi sia concesso di concludere e scusate se mi cito, con le parole che ho già espresso per Maria Racioppi in occasione della presentazione alla libreria Croce del volume Europa Europa.

Mi piace sottolineare la consapevolezza dell’autrice di un pensiero poetico e, se vogliamo, di una poesia filosofica bene innestata nel suo tempo, negli attuali modi di essere, di pensare, di esprimersi, una poesia cioé tutta nostra, di noi che viviamo nel ventunesimo secolo.

La poesia di Maria Racioppi è una produzione di spessore non comune, ci appartiene ed è ormai parte integrante della civiltà contemporanea perché ci interpetra con simultaneità e ricostruisce le radici del nostro tempo con attenzione e con passione.

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